Natale 2010. E’ da un po’ che mi arrovello nella scelta del tema degli auguri di quest’anno. Non sarà il messaggio a reti unificate del Presidente della Repubblica, ma è una cosa a cui ormai mi sono affezionato… Quale il tema dell’anno? Crisi e precarietà? Sembra un secolo, ormai, che queste due parole governano i nostri destini. Oppure lo switch off al mitico digitale terrestre? Presto per qualunque bilancio. O l’onnipresente FaceBook, i suoi vizi e le sue virtù?  Proliferano addirittura i film su social network e simili… Di politica non se ne parla proprio, fino a quando non se lo meriterà…

Poi, l’illuminazione: per gli auguri di quest’anno non userò una foto, né un disegno, né una citazione, ma sarà l’immagine della memoria una recentissima esperienza di viaggio che farà da cornice ai miei auguri!

Attraversando l’Atlante per scendere verso il deserto, abbiamo incontrato un pastore nomade, intento a pascolare le sue pecore.

La scena si svolge sopra un’altura pietrosa, mentre le pecore attorno mangiano le secche sterpaglie che sembano essere uscite forando la roccia e facendosi strada tra i sassi.

Con il vecchio ci sono un paio di ragazzi, forse i suo nipoti, e un numeroso gregge di pecore che sembra coprire tutta la parete a vista. Siamo arrivati proprio mentre stava nascendo un agnellino. I ragazzi hanno isolato in un recinto di pietre la madre e l’agnellino, che sta cercando con tutte le forze di mettersi in piedi.

La nostra guida e il vecchio parlamentano per un po’ in uno dei tanti dialetti berberi della zona: l’impressione è che si capiscano fino ad un certo punto, ma che l’informazione lasci passare le cose importanti. Europei, persone tranquille, disposti anche a farsi scucire qualche Euro per due chiacchiere e qualche foto.

Il vecchio, come da tradizione, ci invita a prendere un tè con lui.

E’ incredibile come alcuni gesti risultino magicamente rituali all’occhio frettoloso di un italiano del XXI secolo, anche se gli oggetti con cui vengono compiuti sono incredibilmente prosaici: alcune taniche in plastica colorate malmesse, un piccolo fornellino da campo, tè messo alla rinfusa in quella che sembra una scatola da obiettivo fotografico, bicchieri che non hanno mai conosciuto la lavastoviglie (e che, probabilmente, non hanno neppure ben familiarizzato con il concetto di “acqua”).

Ci muoviamo attorno a lui con la curiosità di bambini. L’agnellino che nasce e che urla la sua voglia di mettersi in piedi, i muretti di sassi costruiti con la paziente opera delle mani, la tenda ricavata da un pezzo di cerata gialla che sembra piovuto dallo spazio… Poi arriva il tè, servito come solo un berbero sa fare. E bevuto bollente e con un sonoro risucchio.

Il vecchio ha 84 anni, ci traduce la guida, e si muove ancora sulla montagna di sassi con grande agilità (questo lo hanno rilevato stupiti i nostri occhi). Si sposta ogni paio di mesi, a mano a mano che le voraci pecore fanno piazza pulita delle poche forme di vita vegetali.

La comunicazione è più che altro fatta di sguardi, sorrisi. Pochi i concetti, mediati da una lunga catena dialetto berbero – francese – italiano.

Probabilmente si chiede perché guardiamo con così tanto stupore cose così normali.

E, per un attimo, mentre sorseggiamo il suo tè, ce lo chiediamo anche noi.

Però si sta bene, lì. Davvero.

Sicuramente non è così comodo vivere senza acqua e luce. In questi giorni terribili di switch off al digitale terrestre, sembra che anche la parabola e il cellulare siano conforti indispensabili. Ed è difficile non giudicare irrinunciabile anche la fila di 0 e di 1 che porterà in giro questo messaggio.

Ma vorrei che i miei auguri, quest’anno, vi arrivassero da quell’altopiano pietroso. Mentre stiamo tutti insieme sorseggiando il tè più buono del mondo.

Per ricordarci, almeno per qualche momento, che la vita che facciamo tutti i giorni, tutti paralizzati nel traffico, incazzati al telefono, sempre aggressivi come se vivessimo nella jungla, non è l’unica vita possibile. E che sempre più spesso, ormai, non sa ripagarci dei sacrifici che ci chiede.

Buone Feste a tutti, allora.

Senza troppi bilanci e progetti per il futuro (quest’anno troppe ossa rotte per essere analitici).

Ma con il solo augurio di dedicare qualche minuto di queste Feste alla pratica del Buon Senso, di cui c’è sempre tanto bisogno…

Buona Vita a tutti!

andrea.prof