Gent.mo Adriano,
perdonami se mi risparmio il “Lei” istituzionale, ma, se me lo permetti, cercherei di alleggerire un po' una lettera che già nella mia testa si preannuncia molto articolata. E, tra l'altro, credo sia giustificato dai tanti anni passati da quando ci siamo incontrati la prima volta, e da qualche avventura che in passato abbiamo condiviso.
Qualche giorno fa (il 20 giugno, per essere precisi), mi è capitato di leggere sul blog del giornalista sassese Francesco Fabbriani, ormai divenuto uno dei principali organi di informazione del nostro territorio, una presentazione degli spettacoli dell’imminente ricchissima stagione estiva. E, in calce ad essa, di leggere una tua intervista riguardo alle Politiche Culturali dell'Amministrazione e alla prossima programmazione autunnale.
Qualcosa non mi ha convinto, nella lettura. E ho scelto di scriverti una lettera aperta, che invio prima di tutto a te, ma che mi piacerebbe potesse essere utilizzata anche dagli altri soggetti che si occupano di Cultura sul nostro territorio, per riflettere un po’ insieme. Per analizzare un po’ meglio cosa funzioni e cosa no.
Perché, e su questo credo tu non la pensi in modo troppo differente da me, sono convinto che in questi anni difficili (crisi economica, crisi dei valori, crisi della politica, crisi di partecipazione estesa a vari contesti, ecc...) sia proprio dalla Cultura che dobbiamo ripartire. Dalla Cultura come mezzo per creare confronto e per fare comunità, dalla Cultura come strumento di educazione e formazione, dalla Cultura, perché no, come rifugio e sollievo dei nostri animi prostrati da una quotidianità spesso priva di profondità e di soddisfazioni.
La prima impressione nella lettura dell’intervista, e su questo credo che tu ormai abbia sviluppato una certa abilità di cui ti rendo pienamente merito, è stata: “Sono proprio fortunato ad abitare a Sasso!”. In effetti, questo lo può confermare chiunque mi conosca, credo che sia davvero una fortuna abitare a Sasso, e non lo dico per piaggeria. Un paese che, nonostante alcune scelte urbanistiche e di gestione che continuo a considerare poco azzeccate, e soprattutto nonostante un’eccessiva ingerenza della politica nelle questioni di buon senso, merita davvero di posizionarsi ad un ottimo livello di vivibilità.
E questo, sia ben chiaro, per merito di amministrazioni locali che hanno dimostrato meno miopia di tanti “vicini di casa”, ma anche e soprattutto per merito di una cittadinanza da sempre attiva e di una cultura della partecipazione che, con alti e bassi, sa dare ancora i suoi frutti.
Però, perdonami la franchezza, la lettura dell'intervista mi ha anche suscitato reazioni meno “positive”! Cercherò, sperando di non essere di troppo disturbo, di segnalartene qualcuna, come spunto di riflessione.
Non vorrei tediarti a lungo sulla mia idea di quello che dovrebbe fare un Assessore alla Cultura. Che dovrebbe, anno dopo anno, definire priorità ed obiettivi, e non essere il principale agente organizzatore/promotore di manifestazioni. Lascerei il tema ad altra sede.
Ammetto, per onestà, che il lavoro fatto per rilanciare la frequentazione del cinema-teatro ha prodotto anche buoni frutti. Il conto economico non è, però, sempre così esaltante, se ci guardiamo bene.
Lo sappiamo entrambi: portare a Sasso uno spettacolo, mettiamo, da 10.000,00 euro (e capita di ospitarne anche dei più costosi), quando il biglietto costa, sempre per ipotesi, 5,00 euro (e gli abbonamenti “promozionali” hanno generato in passato incassi reali anche più bassi), crea conseguenze assolutamente diseducative per il pubblico. Che si convince o che con i suoi 5,00 euro x 280 posti (incasso 1.400,00 euro lordi, poco più di un 10% del costo) venga realmente ripagato lo spettacolo per quello che vale, o che l’Assessore di Sasso sia davvero un fenomeno impareggiabile.
E’ chiaro che nessun imprenditore potrebbe permettersi virtuosismi di questo tipo.